Una legge sulle fondazioni

Il grande nodo della politica italiana negli ultimi decenni è stato il perenne conflitto di interessi fra classe politica e trasparenza, fra i partiti e l’etica.  Riemerge dalle ultime inchieste della magistratura, ad esempio, la questione delle fondazioni usate dalla politica per aggirare le norme sul finanziamento ai partiti.

Ogni corrente, ogni leader o aspirante leader politico dei partiti tradizionali ha la sua fondazione di riferimento, creata con la motivazione dichiarata di fare ricerca, organizzare convegni, sostenere portatori di legittimi interessi o nobili cause sociali. In realtà le fondazioni servono ai politici per ricevere donazioni senza l’obbligo di rendicontazione dettagliata, con il pretesto del rispetto della privacy dei donatori. Tutti sanno che funziona così, ma nessuno finora ha avuto interesse a cambiare un meccanismo collaudato che è servito anche a finanziare la scalata nazionale di Matteo Renzi, il sedicente rottamatore. La sua prima fondazione si chiamava Big bang, la seconda Open. Tanti soldi, massima riservatezza.

Chi può e deve provare a riformare la legge sulle fondazioni è il m5s, avvalendosi del vantaggio di avere almeno per ora le mani libere rispetto a certi ingranaggi. Non sarà facile convincere la Lega, che a quel sistema ha fatto ricorso, ma una proposta dev’essere presentata, una proposta ben articolata che stabilisca un limite alle donazioni e obblighi le fondazioni ad avere bilanci pubblici e trasparenti. Insieme a una legge sullo status giuridico dei partiti e contro i conflitti di interesse, sarebbe un passo necessario per restituire trasparenza alla politica.

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