Riace, l’arresto del sindaco e gli opposti fanatismi

L’arresto (ai domiciliari) del sindaco di Riace ha suscitato scalpore, molto più dello scioglimento per mafia di un comune del sud o della decapitazione giudiziaria di una giunta accusata di corruzione. Perché Riace è diventato un modello di integrazione dei migranti. E il suo sindaco Mimmo Lucano un simbolo politico nazionale, detestato a destra, amato a sinistra.

Dico subito questo. Penso che sia sbagliato compiacersi dell’arresto di un uomo, peraltro non accusato di reati infamanti o interessi privati, strumentalizzando un’indagine per scopi politici. Altrettanto sbagliato è gridare al regime e difendere a prescindere Lucano, ritenendolo vittima di una macchinazione politico-giudiziaria.

Sul piano della giustizia sostanziale, è difficile ritenere Lucano colpevole. Sul piano della legalità formale, molti elementi emersi sono a suo sfavore ed è giusto che sia chiamato a rispondere dei suoi atti.

Da quel che si è letto sui giornali, tuttavia, non gli si imputa alcun illecito interesse personale. Non ha rubato. Al contrario è accusato di aver forzato le regole per adempiere alla sua “missione” di sindaco di una città aperta. Non è il solito criminale in colletto bianco, dunque, ma si è mosso in modo fin troppo disinvolto, da consapevole “fuorilegge” del bene: la legge deve essere uguale per tutti, quindi anche per lui, come per chiunque la violi pur come scelta di disobbedienza civile.

Sarebbe opportuno provare a farsi un’opinione basata sui fatti, seguendo con attenzione l’evoluzione dell’inchiesta, che peraltro in fase preliminare ha già manifestato varie falle, di là degli opposti fanatismi.

Un abbraccio da New York

Fiorenzo

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