Riders, senza diritti non è lavoro.

Dati record sull’occupazione, titolano i giornali. È la dimostrazione che abbiamo governato bene, gonfia il petto Renzi.

Ma di quale lavoro stanno parlando precisamente?  Cosa dicono davvero le statistiche?

Quasi tutti i “nuovi lavori” sono a tempo determinato. Lavori di pochi mesi, spesso di poche settimane. Lavori part time, di qualche ora al giorno. Lavori sottopagati, senza contributi, senza garanzie, senza formazione, senza prospettive.

 

Ribadiamolo ancora una volta: secondo la Costituzione il lavoro dev’essere retribuito in modo da garantire una vita dignitosa, cioè economicamente libera. Se l’occupazione non garantisce tale condizione, dunque, non può chiamarsi lavoro ma sfruttamento.

 

Prendiamo ad esempio i riders, i ragazzi che fanno le consegne a domicilio, di cibo e altro. Anche loro, secondo le statistiche ufficiali, sono nuovi occupati. Ma possiamo chiamare lavoro la loro occupazione? Direi proprio di no. Perlopiù non hanno assicurazione, vengono pagati male e a cottimo, sono selezionati dall’algoritmo, non godono di alcuna garanzia previdenziale.

 

No, non sono lavoratori, ma anelli deboli di un ingranaggio economico che garantisce servizi abbattendo costi e mediazioni.

Non fanno un lavoro che consenta loro di vivere, ma un lavoretto che permette loro di arrotondare o al massimo di sopravvivere.

L’hanno accettato per disperazione, per necessità, per mancanza di alternative.

 

Dare un minimo di diritti ai riders e a tutti i lavoratori precari e sfruttati, è fondamentale.

Un abbraccio da New York

Fiorenzo

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